2 gennaio 2025

Taratarà Taratarà Taratarà Taratarà

La sveglia suona così presto che ho l’impressione di averla appena puntata.

Dindindindindin Dindindindindin Dindindindindin

“Max”
“Eh?”
“Dai che sono le 04.30”

La voce di Mimmo mi fa riemergere dal sonno. Da qualche giorno ho smesso di sognare. Non ho avuto nemmeno il tempo per farlo in realtà. Nelle ultime notti ho dormito poco, tra i festeggiamenti, il volo di questa mattina e la scrittura che mi impegna un paio d’ore al giorno. Sono ore che rubo al sonno non potendo rubarle alla quotidianità, anche se spesso, durante il giorno, mi capita di prendere il cellulare per annotare qualcosa.
Ho raccontato a Yanzi di questo mio “diario”, che non potrà mai leggere nonostante lei sia uno dei protagonisti.
Mimmo invece, oltre ad essere protagonista è anche lettore curioso e divertito. Avrebbe dovuto tenere un diario anche lui.
Sarebbe stato bello confrontarli, alla fine, per vedere come ognuno di noi metabolizza le proprie esperienze in un modo tutto suo.
Però Mimmo non è in vacanza, Mimmo fa la sua vita e questo “gioco” in cui lui, Yanzi e un miliardo e mezzo di persone fanno le cavie per i miei esperimenti è iniziato senza immaginare che sarebbe diventato un piccolo lavoro.

Ma, come succede spesso, è l’esperimento stesso a modificare la realtà e alla fine non si potrà essere certi della veridicità dei dati acquisiti.
Faccio un esempio: tra poco prenderemo il volo per Kunming e imbarcheremo la mia valigia con le scarpe ed il mio maglione preferito.

Sono, dunque, un viaggiatore che ha appena subito il disagio della perdita del proprio bagaglio e che prende un nuovo volo dopo pochi giorni.
Dovrei essere un po’ in ansia per la paura di rivivere di nuovo la stessa esperienza e invece è il contrario.
Io e Mimmo stiamo quasi sperando che il bagaglio non appaia al baggage claim, per avere altri motivi per ridere, altro da raccontare (come se ce ne fosse bisogno). Un po’ quello che pensavamo a Macao.
Lasciamo fare al caso insomma, ci lasciamo trasportare dalla corrente.

È un atteggiamento che, a mio parere, aiuta a vivere meglio, difficile da mantenere nella quotidianità, ma utile a sdrammatizzare.
Mi ha aiutato in più occasioni, come quella volta a Budapest, quella notte sul Musinè, la volta in cui ho preso a martellate una bomba inesplosa della seconda guerra mondiale pensando di aver scoperto chissà quale stravaganza geologica lungo l’Appennino bolognese…
Mi ha aiutato pensare: “Se ne esco vivo chissà quante risate ci facciamo quando torno a casa e lo racconto agli amici”.
Facevamo così ai tempi dell’università con Ilario, Stefano e Mariapina e ci aiutava sapere che, alla fine della giornata, ci saremmo incontrati e ci saremmo raccontati le eventuali vicissitudini avverse della giornata che si trasformavano in vere e proprie avventure in una Modena, di colpo, esotica.
Come quella volta in cui ero caduto dalla Graziella di Marco e avevo rischiato di essere messo sotto dall’autobus. Mariapina non era mai riuscita a sentire il finale di un racconto che, col passare del tempo, si infarciva di particolari mentre lei correva via sempre prima, perché le scappava la pipì dalle risate.

Ma se non stessi scrivendo questo diario il nostro atteggiamento sarebbe stato lo stesso? O forse saremmo stati più pragmatici e avremmo preferito non avere altri intoppi organizzativi, altre telefonate da fare e da ricevere, altre decisioni da rimandare?

A volte è l’esperimento stesso a modificare la realtà e questa è una di quelle volte.

Siamo al baggage claim dell’aeroporto di Kunming, la capitale dello Yunnan, ad ovest e poco più a nord di Zhuhai, due ore e mezza di volo da Zhuhai, 1.900 m di altezza sul livello del mare, tra i tropici.

La valigia di Yanzi esce quasi subito. Io e Mimmo incrociamo le dita, stiamo intimamente sperando che le mia non esca. Yanzi non credo sia al corrente di questo nostro desiderio e sarebbe comunque difficile spiegarglielo.
Pochi istanti di attesa ed esce. Meglio così. Sai che casino dover ricominciare tutto da capo e modificare i programmi in attesa degli esiti della ricerca?

Ma a proposito di programmi, quali sono esattamente?
Io sono qui a rimorchio di Mimmo e Yanzi e non so nemmeno dove mi trovo. Loro sono qui perché ci sono tante cose da vedere e perché qualche anno fa avevano addirittura pensato di venirci a vivere, anche se nessuno dei due ci era mai stato prima.

La linea 6 della metro collega l’aeroporto con la città, che raggiungiamo in mezz’ora. Arrivati in città ci incamminiamo verso l’indirizzo di un appartamento in affitto che Mimmo e Yanzi vorrebbero visionare di persona prima di confermare la prenotazione.

I cinesi si sono dotati di strumenti simili a quelli che usiamo in occidente per poter svolgere le loro funzioni quotidiane nel migliore dei modi. Hanno una lingua per comunicare, un metodo per trasformare i suoni prodotti mentre si parla in segni su un pezzo di carta (la scrittura), regole per interpretare i segni (la lettura), scuole e tutto ciò che può servire per la convivenza e la quotidianità di tante persone.
Hanno anche una rete internet, motori di ricerca, navigatori, mappe e applicazioni per la mobilità, sistemi di comunicazione…
Solo che sono diversi dai nostri.
E per un occidentale è praticamente impossibile sopravvivere da solo, senza nessuno che si occupi di lui.
Il grande firewall cinese tiene lontani strumenti ormai ritenuti essenziali per la nostra sopravvivenza. Non si possono raggiungere i social, whatsapp, Google, compreso Google Maps.

E senza Google Maps sei perduto. Le mappe alternative, come Bing, sono in cinese quindi mi affido ai miei ciceroni.
Loro vanno avanti ed io li seguo con la mia valigia quasi vuota.
Mi sono chiesto più volte in questi giorni come faccia l’intelligenza artificiale a raccapezzarsi in mezzo alle migliaia di caratteri della scrittura cinese. Non ho proprio gli strumenti per immaginare come abbiano fatto ad adattare i sistemi che ci permettono di scrivere un indirizzo e ricevere in cambio un percorso, agli ideogrammi.

Il traffico in Cina me lo immagino completamente in tilt con i navigatori che impazziscono e scambiano un ideogramma per un altro e mandano tutti nello stesso posto. E invece non succede.

Non succede agli altri evidentemente perché a noi capita di camminare per oltre un ora, con le nostre valigie al traino, nel tentativo di raggiungere un indirizzo che era a pochi minuti dalla metro ma che si sposta in continuazione.
Tanto che ad un certo punto, stanco ed accaldato perché ho addosso maglione, giacca e cappotto pesante, che non uso abitualmente nemmeno a Torino (un po’ come Totò e Peppino quando arrivano a Milano con le galline e i salami insomma), chiedo a Mimmo se non abbiano prenotato un posto in barca (una barca alla deriva probabilmente).

Alla fine decidiamo di abbandonare l’idea della casa in movimento e prendiamo due camere in un hotel, lì, dove il caso, o più precisamente Baidumap, ci ha portati.

La mia camera è bellissima e ci sono tutti i comfort.
Il televisore è più grande dello schermo di alcuni vecchi cinema. E’ tutto automatico. Entri con una scheda, la inserisci nello spazio apposito e si accendono le luci, si accende la TV, si accende lo specchio, si chiudono le tende che danno sulla via principale e parte la musica.
Dopo pranzo andiamo a riposare ma non è facile riposare con tutte queste luci accese e la musica che fa sempre lo stesso giro, all’infinito, e che ti manda un po’ fuori perché ti penetra nel cervello. E poi i rumori fuori…

Finito il riposino, si fa per dire perché sono più stanco di prima, chiedo a Mimmo se anche loro hanno dormito con la musica nel cervello e le luci e mi spiega che devo spegnere il televisore.

Questa notte però ho dormito con lo specchio acceso, ho schiacciato ovunque ma non c’è stato verso di spegnerlo, e con un altro suono nel cervello: Taratarà Taratarà Taratarà Taratarà…

Il rumore in Cina è una cosa difficile da immaginare, da descrivere e persino da percepire. Siamo immersi, come se fosse aria.

Te ne accorgi che ti muovi nell’aria?
I pesci si rendono conto che vivono immersi nell’acqua?

Lo capisci quando ti manca, l’aria.
Lo capiscono quando gli manca, l’acqua. Li vedi annaspare, uno sull’altro, in cerca di vita, in quelle bacinelle, con poca acqua, davanti a tutti i ristoranti della Cina, in attesa del dito di un umano che li indica distratto e che li condanna a morte e li salva dalla vita.

Lì capisci che si rendono conto che gli manca qualcosa, quell’acqua che li circondava e di cui probabilmente non percepivano l’importanza.

Ecco, il rumore, in Cina, è come l’aria o come l’acqua per i pesci. Ne sei immerso e non lo percepisci.
Te ne accorgi solo quando ti manca, quando arriva la notte e la maggior parte degli umani si ritira nella proprie abitazioni e smette di aggiungere inquinamento acustico ad inquinamento acustico.
Allora lo senti più nitido quel Taratarà Taratarà Taratarà Taratarà

È il semaforo, proprio davanti alla finestra della mia camera, che emette un suono a volte continuo, a volte cadenzato ogni secondo, per i non vedenti.
Non ho visto non vedenti in giro ma qui l’attenzione per questa categoria di persone è altissima. Tutti i marciapiedi della città hanno il percorso per non vedenti. E ci sono sempre rampe per le sedie a rotelle, scale mobili sempre funzionanti, piste ciclabili e pedonali.
Ma non voglio puntare il dito contro l’unico rumore utile, anche se persistente.
Ci sono altoparlanti ovunque, davanti all’ingresso dei negozi, che ripetono sempre la stessa cosa, senza mai smettere. Altoparlanti simili li hanno gli ambulanti e qui fa l’ambulante un cinese su due a giudicare da quanti sono.

I cinesi si possono dividere in due categorie: quelli che fanno gli ambulanti e quelli che non fanno gli ambulanti.
In aeroporto mettono piccoli altoparlanti in ogni nastro del baggage claim che girano, girano, girano e ripetono sempre lo stesso concetto. Che non si sa quale sia. Mimmo non riesce a capire cosa dicano e Yanzi ed il resto dei locali non pare ci facciano caso. Ma chi è costretto a lavorare in questi luoghi per ore va fuori di testa secondo me. Comunque non ho visto gente fuori di testa fino ad ora. Solo un tipo, al supermercato, che mi ha detto che parlo bene cinese (non avevo aperto bocca) e che, dato che non ho capelli, sono probabilmente ricco (Yanzi mi ha spiegato che è una specie di proverbio cinese).

Ma poi chi li ascolta? La ascolti una persona che ti ripete sempre le stesse cosa? Ogni tre secondi? Per tutto il giorno? Che è la stessa cosa che ti ha ripetuto un’altra persona nel negozio a fianco o alla bancarella un metro prima? Immagino che dicano:
“guarda che vendo frutta,
guarda che vendo frutta,
guarda che vendo frutta,
guarda che vendo frutta,
guarda che vendo frutta…”.
E lo vedo che vendi frutta, non sono mica…” O forse anche questa è un’attenzione verso i non vedenti?

Kunming è una metropoli di 4.5 milioni di abitanti che hanno sembianze tra il peruviano e il mongolo, ma probabilmente sono io che ho viaggiato troppo poco per distinguere. La cucina, le abitudini, i prodotti agricoli, in particolare la frutta, qui sono un po’ diversi dal resto della Cina.

L’hotel è in una zona centrale, vicino alla metro, ma qui il concetto di centro è diverso dal nostro.
Manca la chiesa, la piazza, il centro storico, sembra mancare la storia rispetto ai nostri canoni.
Ma forse manca semplicemente il tempo per capire, per cambiare punto di vista, organizzazione mentale.

Grattacieli circondati da abitazioni fatiscenti ad un solo piano, lusso in mezzo ad ambulanti che vendono per terra.
Qui lavorano tutti. Che vivano una vita dignitosa è un altro discorso ma non sembrano incazzati, non sembrano infelici.

Qui tutto è possibile e tutto è presente, reale.
Se pensate che la vita non avrebbe potuto prendere una piega diversa, che non sarebbe potuto andare tutto diversamente o che non possa ancora cambiare fate un salto qui.

Se pensate di essere onnivori fate un salto qui.

Faccio una foto in una viuzza stretta, mentre andiamo al lago verde, una delle attrazioni principali di Kunming. Una baracca in primo piano e un grattacielo sullo sfondo.
Passato e futuro.

Il presente sembra ancora da costruire.

A pranzo prendiamo gli spaghetti in brodo e il tofu fritto in un ristorante vicino all’hotel. Il tofu non riesco a mangiarlo e gli spaghetti sono difficilissimi da tirare su con le bacchette perché scivolano via. Paghiamo 7 euro, in tutto, per quattro piatti. Forse il pranzo più economico fino ad ora. Nel pomeriggio visitiamo il lago verde e la sera la via vecchia di Kunming, piena di ristoranti e piccoli negozi per turisti. Per cena riso, sempre con le bacchette naturalmente.

Sono sempre più bravo, diventerò maestro di bacchetta!