6 gennaio 2025
Viva viva la befana
Ho ricominciato a sognare anche se non ricordo più cosa sogno. Questa notte però mi sveglio spesso. Ho cambiato camera ed e più grande e confortevole.
La porta del bagno è spalancata ed arriva un po’ di freddo. Ieri, prima di addormentarmi ho spento il riscaldamento, c’erano 19 gradi, e al mattino ce ne saranno 13, ma si sta bene.
Mi tornano in mente tantissime cose che ho visto o sentito nei giorni scorsi e tanti pensieri a cui non ho dato importanza.
Cerco di distrarmi.
Qualche giorno fa Yanzi ci ha detto che i cinesi mangiano, in media, due uova al giorno. Non stento a crederci, mettono l’uovo ovunque.
Due uova al giorno per 1,5 miliardi di persone fanno 3 miliardi di uova.
Se ipotizziamo che ogni uovo sia lungo 5 centimetri e immaginiamo di metterli in fila, uno davanti all’altro, faremmo una catena di uova di 15 miliardi di cm.
Faccio i conti in mente, 150.000 km di uova allineate al giorno.
Guardo in rete: la distanza tra la Terra e la Luna dipende dalla posizione orbitale del satellite e varia da 363.300 a 405.500 km.
Insomma basterebbe incolonnare le uova di poco più di due giorni per raggiungere la luna.
Per arrivare sul sole ci vorrebbero 3 anni.
Se invece ipotizziamo che ogni uovo occupi una superficie di 15 cm quadrati la superficie occupata dalle uova ogni giorno sarebbe di 45.000.000.000 (45 miliardi) di centimetri quadrati, cioè 4,5 chilometri quadrati, 1642,5 kmq in un anno.
In 10 anni la superficie della Puglia.
Da quando sono stato qui l’ultima volta si sono mangiati una Puglia intera di uova.
La mamma non ce ne dava più di due a settimana.
La zia Richetta e la zia Ratuccia, che erano cugine della nonna, chiamavano il ramo della famiglia di mia mamma “razza bbabba”, li consideravano un po’ “fessacchiotti”, forse perché un po’ imborghesiti rispetto a loro.
Le due vecchie zie le ricordo ancora, io ero piccolo, avevano le galline e davano alle povere bestie il peperoncino, convinte che avrebbero fatto più uova.
Zia Richetta e zia Ratuccia mangiavano così tante uova che i cinesi di oggi potremmo definirli vegani.
Ieri sera, al ristorante, Yanzi mi ha chiesto quando andrò in pensione. Evidentemente la barba sta ricrescendo e sto tornando yeye o forse la domanda è pertinente, dal suo punto di vista.
Lei è andata in pensione a poco più di 50 anni, anche se ha subito trovato un nuovo lavoro. Forse perché l’assegno mensile è troppo basso o forse perché non riuscirebbe a stare ferma e ad andare al parco tutte le mattine a cantare o ballare. A proposito, in Cina vedo pensionati a spasso e giovani, a volte giovanissimi, al lavoro. Mancano quelli di mezzo ma Mimmo dice che forse sono io che non distinguo le età dei cinesi e li considero, spesso, più giovani di quanto siano davvero.
Ma quando andrò in pensione? Yanzi aspetta una risposta.
Le dico che non ci andrò prima di una quindicina d’anni e lei pensa che io stia scherzando. Sono troppi anni che ci facciamo rappresentare da politici incapaci di risolvere i problemi degli italiani, o meglio disinteressati ai nostri problemi, aggiungo.
Non è detto che lei comprenda.
Ho l’impressione che in Cina ci sia gran rispetto per i rappresentanti delle istituzioni, cosa che da noi è oramai inconcepibile.
Qui sembra che tutti abbiano un ruolo, che si sentano utili. Ho l’impressione che tutti, da chi fa le pulizie, ai tanti che, in varie forme, si occupano di ordine pubblico, a chi guida gli autobus, abbiano chiaro quanto sia importante per la comunità ciò che stanno facendo.
Da noi non si sentono più utili nemmeno gli insegnanti che ci aiutano ad educare ed istruire i nostri figli.
Non ho visto mendicanti, non mi pare ci siano spacciatori, non ci sono persone che stazionano, senza avere nulla da fare, davanti ai bar.
Non ci sono bar.
Ma questo è ciò che ho visto in un paio di settimane. Pochi tasselli di un puzzle enorme e difficile da completare e qualunque ipotesi ha buone probabilità di essere smentita.
Nei treni, nella metro, per strada, negli hotel, nei negozi vedi molta più gente al lavoro rispetto a quanto succede da noi. E non perché siano indietro dal punto di vista organizzativo, anzi, sembrano molto più avanti.
Non è raro vedere robot che svolgono funzioni fino ad ora destinate agli umani, come il cameriere ad esempio.
Forse qui si cerca di fare avere un lavoro a tutti? Ci sono annunci di lavoro con indicate mansioni e paghe. Ne abbiamo visti diversi in questi giorni.
Torno a dormire.
“Auguri fratello!”
“Auguri fratello!”
Oggi è la befana e noi continuiamo a festeggiare i compleanni con brindisi anche a 7 ore di distanza, figuriamoci da un piano all’altro.
Stasera faremo un brindisi e poi concluderemo domani, a Zhuhai, con del vino, anche se sarà il 7.
“Auguri fratello!”
“Auguri fratello!”
Poi non una parola, fino al brindisi, prima di andare a letto, di questa sera.
Ne abbiamo dette di cose.
Ne abbiamo di cose da dire ma usciranno al momento opportuno.
Mimmo e Yanzi sono pronti. Mi affretto e li raggiungo.
Oggi inizia il ritorno a Zhuhai.
Facciamo un ultimo giro nella città vecchia, poi al mercato a prendere qualcosa da mangiare per il viaggio in treno e poi inizierà il ritorno.
Inizia il rientro a Zhuhai ma è un po’ come se iniziasse anche quello a Torino.
Faccio un rapido conto e calcolo che dovrò prendere:
– un bus per la stazione di Lijiang;
– un treno per Kunming;
– una metro per l’aeroporto di Kunming;
– un volo per Zhuhai;
– un taxi per arrivare a casa;
– un bus per Shenzhen;
– un volo per Milano Malpensa;
– un bus per Torino;
– un tram per arrivare a casa.
Ma sarà un rientro lento e in mezzo ci saranno altre sorprese.
Passiamo a salutare Shao Rong e acquisto dei fiori essiccati, per profumare l’acqua, da portare a Torino, poi girovaghiamo tra mercato e città vecchia.
Sono un po’ sottotono, Yanzi invece è agguerrita e spunta prezzi stracciati per qualunque acquisto. Chiede ed ottiene sconti anche per oggetti il cui costo iniziale non raggiunge i 5 yuan.
A me pare tutto estremamente economico ed uno sconto di pochi yuan non mi sembra un gran traguardo ma anche la contrattazione qui è un rito e, probabilmente, i commercianti alzano i prezzi quando ci vedono. È una mia ipotesi. Dovremmo provare a mandare Yanzi in avanscoperta per capire che prezzo fanno a lei e poi presentarci noi occidentali.
Non sto pensando male, parlo per esperienza personale.
Anni fa andavo a Nardò, da Torino, con Daniel, un amico italo-venezuelano, di sembianze sudamericane ma di accento profondamente milanese ed originario di Arcore. A volte, andavamo in centro, nelle vecchie cantine, ora scomparse e sostituite da trattorie tipiche anche se un po’ troppo per turisti.
Prendevamo un bicchiere di vino e delle polpette o dei fiori di zucchina fritti. Se Mimmo non c’era e pagava Daniel col suo accento milanese o pagavo io, con il mio accento tra il torinese e il modenese, le polpette o i fiori costavano 200 lire.
Quando arrivava Mimmo i prezzi dimezzavano.
Non volevano fregarci, dal mio punto di vista. Era un modo per redistribuire la ricchezza.
Il fatto che avessimo l’accento del nord ci faceva ricchi ai loro occhi.
Mi rendo conto che sto divagando ma oggi è un giorno particolare e in più la giornata scorre senza grandi emozioni e mi permette di dare spazio ai pensieri.
Il treno per Kunming non è più una sorpresa: scrivo e dormo.
Un tipo si schiarisce la voce in maniera esagerata, altri non nascondono di essere raffreddati o magari semplicemente allergici a qualcosa. Noi, imperterriti, senza mascherine, e senza più dubbi: non siamo eroi!
Una volta a Kunming ci affrettiamo a prendere possesso delle camere e andiamo a cena nel ristorante della volta scorsa. Vogliamo prendere le stesse cose: melanzane e funghi.
Ordinare da mangiare è sempre un terno al lotto in realtà e, infatti, i funghi ci arrivano in un brodo con della pancetta mentre la volta scorsa erano semplicemente soffritti. Mentre aspetto le melanzane assaggio le altre pietanze.
“Tutto buono, ma le melanzane quando arrivano?” Chiedo.
“Le stai mangiando”.
Due tiri ad un sigaro preso al mercato e un brindisi con una birra che sa di pera, forse a causa del sigaro.
“Auguri fratello!”
“Auguri fratello!”