5 gennaio 2025

Lezioni di tè

Mi sveglio con una certezza: sono l’unico, nello Yunnan, che prende, tutte le mattine, la vitamina B12 e i fermenti lattici.

Torno a dormire.

Mi risveglio attorno alle 10. Mi alzo, vado in bagno ma è occupato. Torno a letto.

Un po’ mi scappa però. Aspetto ancora un po’.
Ad un tratto un’illuminazione: sono in camera singola.
Torno alla porta del bagno. È chiusa e non riesco ad aprirla.
Mi vesto, esco a cercare qualcuno, trovo la donna delle pulizie e mi faccio seguire da lei fino in camera. Capisce la situazione, esce, torna con un enorme mazzo di chiavi, saranno le chiavi della città, penso, ma non riesce ad aprire.
Esce guardandomi e dicendomi, con il pensiero, che chiamerà il proprietario.

Torno a letto e aspetto. Un po’ mi scappa però. Ho un’idea: se Mimmo e Yanzi sono svegli vado in bagno da loro. Scrivo a Mimmo: “Fratello buongiorno. Io sono sveglio”, risponde: “Ne sei proprio sicuro?”.
Non ho energie per ribattere, ormai mi scappa più di un po’.
Rilancio: “Voi ancora a letto?”.
“Io sono in bagno”.

Tutti quelli che conoscono mio fratello hanno già capito che ho aspettato, pazientemente, l’arrivo del proprietario dell’hotel.

Mattinata fredda ma presto esce il sole e si starà bene fino a sera. Da qui si vede un piccolo ghiacciaio ma le temperature, durante il giorno, sono miti, nonostante le vette più alte dello Yunnan superino i 5.000 metri.

Giorno 12 è denso di esperienze, mettetevi comodi. Vale non meno di due giorni e mezzo, di quelli impegnativi, e non sarà facile condensare tutto e scegliere cosa eliminare.
Farò del mio meglio.

Vado avanti per sottrazione, come se il racconto finale non fossi io a scriverlo ma lo scoprissi ogni giorno, ed è davvero così.
Inizio con l’eliminare ciò che è superfluo, continuo togliendo quello che non riesco a raccontare, poi quello che ho bisogno di elaborare e così via.
Quello che resta è il resoconto del giorno.

Ieri ci siamo limitati ad esplorare le vie circostanti l’hotel.
Yanzi è stata molto brava a scegliere.
Siamo a pochi passi dalla old town, all’interno di un mercato tipico cinese ma con angolini, che andremo scoprendo via via, davvero d’altri tempi.
Si tratta di quelle esperienze di cui parlavo poco fa. Quelle che sarò probabilmente costretto a scartare per mancanza di parole adeguate a descrivere. Non abbiamo nemmeno foto di certi scorci, a volte interi capannoni, perché eravamo increduli. Un viaggio indietro nel tempo, dove cellulari e macchine fotografiche sarebbero stati fuori posto.
Quindi niente inquadrature, solo antenne, vigili, per non perdere nulla, per registrare facce, profumi, espressioni, colori.

Ieri sera dopo cena avevamo scoperto che, oltre all’area del mercato, c’era anche la old town e questa mattina siamo andati alla scoperta di questa parte di città. Ci siamo tornati anche per cena, trascorrendo buona parte della giornata e scattando il numero più alto di fotografie fino ad ora.
La old town è un labirinto di luci, fiori, piante, negozi, edifici, ponticelli, scorci. È un angolo di città ormai completamente destinato al turismo, e questo è un peccato, ma i locali, che fanno musica dal vivo, i ristoranti, gli hotel e i negozi, fanno a gara a chi allestisce meglio il proprio spazio e non smetteresti mai di fare foto.
È una gara giocata con piante, fiori, luci, oggetti d’arredamento, lanterne, ombrelli, decorazioni alle pareti.

Ad ogni angolo, ad ogni ponte, incontriamo una o due ragazze, a volte accompagnate da bambini, vestite con abiti chiari, truccate ad arte e con dei fotografi, in genere uomini, che le seguono per dei veri e propri set fotografici, con tanto di treppiedi, lampade, ombrello per riflettere la luce. Raramente le ragazze sono in due e si fotografano a vicenda. Chiedo a due di loro il consenso a fare una foto e posano per me.
Una è vestita di bianco ed azzurro e l’altra solo di bianco. Hanno veli in testa, ammennicoli ai capelli, al collo e sulla fronte, capelli decorati, lunghe trecce che cadono dai lati. I visi, già probabilmente bianchi, in una zona della Cina in cui la gente ha la faccia scottata dal sole, sono truccati ulteriormente e resi ancora più chiari. Il soprabito di una delle due è impellicciato attorno al collo e ai polsi. L’altra ha decorazioni alla gonna, ai fianchi e un corpetto ricamato con perline, dai colori vivaci.
Indossano collane ed orecchini appariscenti, sorridono e si mettono in posa.
Sono giovanissime, come le loro emule che abbiamo già incontrato.
Solo le scarpe tradiscono la messinscena ma si intravedono appena sotto i vestiti lunghi fino a terra.

Ne abbiamo viste anche a Kunming e a Zhuhai ma qui ce ne sono molte di più non so se perché semplicemente Lijiang è un set fotografico a cielo aperto o se c’è anche qualche ragione culturale, di costume o di tendenza. Ci sono anche diversi negozi di “parrucchieri” dove le ragazze passano per il trucco prima di iniziare il loro tour fotografico.
Tra la passeggiata al mattino e quella dopo cena nella old town inseriamo un’oretta in camera per rilassarci e un evento che resterà nei nostri ricordi.

Ieri, nel nostro giro di perlustrazione nel mercato attorno all’hotel, ci siamo imbattuti in un piccolo negozietto, come ce ne sono tanti, che vende incensi e articoli simili. Siamo andati via senza aver comprato nulla ma la ragazza del negozio mi ha fatto fare la scansione del suo QR code di WeChat (l’equivalente di whatsapp in Cina, che io uso per comunicare con Mimmo) e ci ha invitati a passare da lei oggi ad assaggiare del Pu’er tea.

Prendo appuntamento con lei per il pomeriggio e la raggiungiamo. Vogliamo acquistare qualche piccolo ricordino di quelli che abbiamo visto ieri. Mimmo mi ha già messo in guardia: devo comunicare a Yanzi ciò che voglio comprare e poi lasciare fare a lei.

Qui si contratta tutto e Yanzi è una professionista del settore. Deve essere stata allieva di zia Teresa e zia Irene da piccola (nonnonnonnonnò signore mia piccarità, con tanto di basculamento all’unisono che manco la farfalle della ginnastica artistica alle olimpiadi. Fatevi raccontare l’episodio da Mimmo, unico testimone oculare a parte il malcapitato orefice che non aveva avuto nemmeno il tempo di dirlo, il prezzo dei due anelli che volevamo regalare ai nostri genitori per il loro 25esimo. Vale il biglietto per la Cina).

Dopo una trattativa serratissima Yanzi spunta uno sconto significativo che purtroppo non riesco più a quantificare perché con i numeri cinesi sono un po’ indietro. Ma il risultato soddisfa anche lei che è in genere molto esigente.

Yanzi e la ragazza del negozio sono estenuate dalla trattativa e ho la sensazione che l’invito per il tè sia saltato invece la ragazza si riprende, prepara le confezioni, fa foto a noi e a quello che abbiamo acquistato, le pubblica sul suo profilo WeChat e ci invita dall’altra parte della strada, nel negozio di fronte, molto più grande, che è sempre suo.

Qui inizia la lezione di tè. Shao Rong, questo è il suo nome, racconta, Yanzi traduce un po’ in inglese e un po’ in cinese, Mimmo traduce a sua volta per me, io riprendo la scena e cerco di capire. E, come nel gioco del passaparola, a me chissà cosa è arrivato.
Shao Rong sembra preparatissima, inizia con un tè chiaro e ci spiega il rito. Non tocca mai le nostre coppette con le mani ma usa delle pinze. Le riempie e le svuota, più volte, prima di offrirci da bere. Il tutto si svolge su un tavolo preparato per il rito.
Il primo tè lo beviamo in coppette dal colore leggermente cangiante al contatto con la sostanza calda. Ogni volta che noi beviamo lei versa e riempie la coppetta. Noi ringraziamo ma c’è una regola anche per questo.
Si tocca il tavolo con la punta dell’indice, per tre volte, se la persona che ti offre da bere è giovane. Se invece è anziana si battono tre volte le nocche di indice e medio a significare che ci si inginocchia per rispetto.
Devo ricordarmene la prossima volta che Mimmo mi verserà da bere. Capiterà più probabilmente con il vino, non appena torneremo a Zhuhai, lui, in genere, a tavola non versa il tè.
Da quello che capisco il tè che stiamo bevendo ha un sapore più leggero appena messo in infusione per poi diventare via via più forte. Shao Rong versa e pare che si aspetti delle reazioni da parte nostra. Io mi limito a sorridere e a bere e mi nascondo dietro il cellulare con il quale riprendo quasi tutto.

Adesso è la volta di un tè scuro che ci offre in coppette d’argento puro e intanto continua a raccontare.
Pare che questo tè sia davvero pregiato. Ci dice il costo: circa 7000 yuan al chilo (1000 euro).
Io non distinguo il primo dal secondo, a parte il colore naturalmente.
Infine ci offre un infuso, che chiamano comunque tè, fatto con petali di rosa e di altri fiori.
Restiamo da lei un’ora e mezza e andiamo via ubriachi di tè dopo aver scattato le ultime foto.

A proposito di numeri devo dire che il mio cinese migliora.
Alle bancarelle riesco a chiedere: “Quanto costa questo?” (Tuo sciao cien?) e a capire il prezzo ma solo se è di 1, 2, 10, 20 yuan (ig, ar, shh, ar shh yuan).
Se il prezzo non è di 1, 2, 10, 20 yuan resto a bocca aperta in attesa che qualcuno mi aiuti.
Se il prezzo è di 1, 2, 10, 20 yuan resto lo stesso a bocca aperta in attesa che qualcuno mi aiuti, perché non mi pare vero di aver capito.

I cinesi usano appendere alle porte delle case delle lunghe strisce di carta, di colore rosso, con degli ideogrammi di buon augurio. Lo fanno soprattutto in occasione del capodanno cinese. Ci sono quelli stampati e quelli scritti a mano che hanno più valore. Ma non tutti sanno o possono realizzare queste piccole opere d’arte, questo è ciò che abbiamo capito. Chi produce questi messaggi lo fa usando strumenti appositi e timbri ornamentali o utilizzati per apporre la propria firma.

Ci sono strisce di carta di questo tipo di varie dimensioni, anche su carta bianca, da appendere in casa magari dopo averle incorniciate.

Prima di cena passiamo dallo studio di un artista che ci fa assistere alla realizzazione di alcuni piccoli quadretti con messaggi di pace, serenità interiore e simili.

Per cena abbiamo scelto un ristorante nella old town di alto livello rispetto a quelli soliti. È all’interno di un centro culturale dove fanno cucina tradizionale. Domani è il compleanno della mamma ma saremo in viaggio per Kunming e abbiamo deciso di festeggiare questa sera.
Ordiniamo una frittata con i fiori, un piatto di verdure locali dal sapore un po’ viscido con dei funghi filamentari di color arancione, una specie di torta salata ripiena non so di cosa, un pesce cotto al forno e poi finito di cuocere in una zuppa di verdure che continua a bollire grazie ad un fornelletto da tavolo.
Beviamo tè e una bevanda dolce fatta con una infusione di fiori e miele.
È tutto squisito ed io assaggio il pesce per la prima volta dopo dieci anni. L’ultima volta era stata al matrimonio.

Torniamo in hotel e assaggio di tutto dai vari negozietti che sono aperti fino a tarda sera, siamo nella zona turistica quindi nessun pericolo.

Le sera riguardo velocemente le foto del giorno. Ce ne sono anche un paio con due ragazze del Myanmar che, quando ci hanno visti, sono quasi impazzite dalla meraviglia e ci hanno chiesto una foto e quando hanno scoperto che siamo “yidali ren” (persone italiane) hanno voluto fare, se ho capito bene, una diretta social.

Spengo la luce e penso alla lunga giornata di oggi.
Ormai è il sei gennaio, il compleanno della mamma, e, per festeggiare, prendo una decisione: diventerò maestro di tè!