“Puoi pattinare?” – mi chiede ad alta voce un signore di mezza età avvicinandosi nella sua tenuta da pattinatore di velocità mentre sono seduto sulla panchina all’ombra degli alberi ad osservare incantato i giri di pista compiuti da lui e dai suoi colleghi.
Ha un casco multicolore, come la divisa del resto, gli occhiali da sole incastonati su un viso che pare abbronzato, un grande sorriso ed ovviamente calza dei pattini in linea.
“No, non so pattinare” – rispondo – “ma mi piacerebbe molto.”
“Allora puoi imparare!” – aggiunge.
“Forse un giorno… al momento mi limito ad osservarvi!” – replico.
Iniziamo così una piacevole conversazione di circa una ventina di minuti, poi mi saluta e ritorna in pista.
“Italiano” – gli sento urlare agli altri pattinatori mentre si inserisce nella fila per proseguire la corsa in compagnia.
Era l’estate del 2023, mi trovavo a Changchun, nel nord-est della Cina in visita ai miei suoceri ed avevo preso l’abitudine di recarmi tutti i giorni prima di pranzo al centro sportivo ad osservare questi appassionati che praticavano il pattinaggio di velocità.
In realtà nell’inverno dello stesso anno avevo già deciso di imparare a pattinare e, in effetti, avevo già comprato i pattini e le protezioni ed avevo anche provato a pattinare vicino casa mettendo a repentaglio il coccige almeno in un paio di occasioni (nonostante i pantaloncini protettivi ho avuto dolore al sedere per almeno una quindicina di giorni) e rischiando di rompermi l’osso del collo contro il marciapiede.
Questi avvenimenti avevano fatto scemare la mia voglia di imparare da solo e mi avevano spinto a considerare l’ipotesi di rivolgermi a degli istruttori professionisti che avrebbero potuto almeno insegnarmi le basi.
Con questa idea in testa mi ero portato a Changchun l’attrezzatura completa anche se fino a quel giorno era rimasto tutto in valigia con grande disappunto di mia moglie.
Dopo poco più di un mese decido però che è giunta l’ora di trovare un insegnante ed appena un paio di giorni dopo sono in palestra per la prima ora di lezione.
La mia istruttrice, Xiao Yan, ha poco più di 19 anni, ha gareggiato a livello nazionale ed è in procinto di iniziare un percorso formativo che la porterà ad acquisire i titoli che le permetteranno di aprire in proprio una scuola di pattinaggio.
E’ più difficile di quel che pensassi: il ritmo di allenamento è serrato, i pattini diventano col passare dei minuti sempre più pesanti e l’equilibrio è davvero precario sul pavimento in pvc.
Le cadute fanno parte del gioco e l’istruttrice mi insegna come cadere e come rialzarmi anche se, il più delle volte, cado esattamente come non dovrei.
A fine lezione sono sempre sfinito, ritorno in albergo, faccio una doccia e mi stendo sul letto per almeno un paio d’ore e quando giunge l’ora di cena, per ricompensarmi della fatica, vado a mangiare lo shao kao (烧烤), in strada o al ristorante.
A Changchun, ed in particolare nel quartiere dov’è situato l’hotel, la grigliata, per l’appunto lo shao kao, è uno sport nazionale praticato da tutti, uomini e donne, a partire dal primo pomeriggio.
Già intorno alle 16,30 si diffonde nell’aria l’odore inconfondibile ed irresistibile del cibo messo a cuocere sulla griglia. Si tratta in genere di spiedini di carne, di pesce, di mantou (馒头, pane cotto al vapore), di tofu e di vegetali in generale.
Il tutto accompagnato sempre da tante bottiglie di birra ghiacciate!
Complessivamente ho praticato 9 ore di lezione, tra interno ed esterno, in circa 25 giorni imparando le primissime basi del pattinaggio in linea e deludendo completamente la mia insegnante perché non mi esercitavo dopo le lezioni.
Ed aveva pienamente ragione!
Tornato nel Guangdong ho appeso i pattini al chiodo fino all’anno successivo!
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Nell’estate del 2024 sono di nuovo a Changchun deciso a mettere finalmente in pratica quanto insegnatomi l’anno precedente da Xiao Yan.
Imparare a pattinare l’ho anche inserito nella mia lista tra le 100 cose da fare prima di morire!
“Buongiorno” – mi dice Wang Nan non appena arrivo nei pressi della pista all’aperto scorgendomi da lontano e agitando una mano in segno di saluto.
“Ehi ciao!” – rispondo a mia volta sorridendo e facendo ciao con la mano.
Ci conosciamo solo di vista ma è bello incontrarsi e scambiare due chiacchiere.
Ha appena finito di pattinare e sta per andare via ma poi invece si trattiene per circa un quarto d’ora durante il quale mi informa sugli orari in cui di solito ci si ritrova insieme per pattinare dato che la pista non è sempre disponibile poiché fa parte di una struttura sportiva abbastanza grande ed è utilizzata dalle scuole di pattinaggio e da diversi istruttori per allenare principianti e giovani atleti.
“Quest’anno verrai a pattinare?” – mi chiede prima di congedarsi.
“Si si, ho comprato i pattini e le protezioni” – rispondo – “ma ho dimenticato il casco ed allora ne ho comprato uno online ed appena arriva vengo qui a provare a pattinare”.
“Non ti preoccupare, tu vieni, ci sarà sempre qualcuno disponibile ad insegnarti.” – risponde a sua volta ed aggiunge sottolineandolo con il tono della voce – “Gratis!”
Sorrido, lo ringrazio e prometto che sarò lì a pattinare al più presto.
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Per il giorno del debutto indosso ben due pantaloncini protettivi (la paura di cadere e farmi male è tanta) e non avendo indumenti da pattinatore una semplice maglietta in cotone ed un pantalone corto con la gamba che arriva al ginocchio, zaino trapezoidale in spalla per i pattini e le protezioni, bottiglietta d’acqua e salviette disinfettanti nelle tasche.
Arrivo intorno alle 10,00 del mattino e ci sono una decina di persone che si stanno preparando per scendere in pista, qualcuno lo conosco di vista, qualcun altro no.
Saluto e mi siedo su di una panchina libera per togliermi le scarpe ed indossare i pattini.
Non appena li tiro fuori mi si avvicina Zui (non ci eravamo mai visti in precedenza), li guarda e mi dice che non vanno bene e che sarebbe meglio comprare una tipologia differente.
Mi guardo intorno e noto che nessuno ha i pattini come i miei (qualcuno mi dirà qualche tempo dopo che i miei pattini sono adatti per la danza non per la pista di velocità), mi difendo dicendo che non so pattinare e che quello è il primo giorno di prova.
Zui non è convinto, prende i miei pattini e si rivolge ad un altro pattinatore.
Lo seguo.
Quello li guarda e dice che siccome non sono pratico possono anche andare.
Gli faccio vedere le protezioni e mi da l’ok anche per quelle.
Bene allora posso iniziare.
Mi tolgo le scarpe, cambio le calze ed a piedi scalzi mi porto al centro della pista per indossare i pattini.
Mi siedo per terra ed indosso i pattini.
Ora devo solo alzarmi e mantenermi in equilibrio.
Mi sento addosso gli occhi di tutti mentre ripercorro con la mente immagini e parole di Xiao Yan che mi spiega come si fa.
Al secondo tentativo sono in piedi, l’equilibrio è davvero precario ma provo con estrema cautela a muovermi in una qualche direzione.
Dopo appena 10 minuti mi si avvicina Zui che ha pienamente compreso il mio livello “0” e mi spiega che per prendere confidenza con i pattini è meglio se mi esercito sul prato a sollevare ed abbassare le gambe.
“100 volte per gamba!” – sottolinea – “Coraggio, se ti impegni in una settimana sarai in grado di pattinare!”
Sorrido, ringrazio ma sono certo che è ottimista.
Il sole batte forte (ci saranno più di 30 gradi), i pattini aumentano di peso al crescere delle ripetizioni e le gocce di sudore cominciano a colare da ogni dove.
Nelle ultime 10 ripetizioni sollevo i pattini di pochi centimetri e le gambe sono stanchissime.
Finalmente termino l’esercizio e ritorno sull’asfalto della pista.
Zui mi si avvicina e mi chiede come va.
Capisco che ormai mi ha preso sotto la sua ala protettiva ed infatti, da quel momento, sarà il mio punto di riferimento per ogni dubbio relativo al pattinaggio.
Va bene ma dopo 30 minuti sono sfinito, torno alla panchina, mi tolgo i pattini e mi attacco alla bottiglietta di acqua.
Da lì a poco, sono in diversi ad avvicinarsi per congratularsi per il mio primo giorno e per incoraggiarmi a non mollare.
“Tutti i giorni devi allenarti per almeno un’ora e vedrai che presto sarai in grado di pattinare!”
“Sei stato bravo!”
“Domani torna ad allenarti!”
“Amico, ci vediamo domani!”
Sono gentilissimi, sorrido e ringrazio tutti ed al momento di tornare in hotel prometto che all’indomani, se non avesse piovuto, sarei stato lì ad allenarmi.
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Con l’unica eccezione del giorno del compleanno di mia suocera e dei giorni di pioggia, durante i quali mi è stato spiegato che l’asfalto diventa molto scivoloso, mi sono recato tutti i giorni sulla pista per pattinare.
“L’Italia è arrivata” – si sentiva dire da qualcuno non appena spuntavo all’orizzonte.
Credo di aver stupito tutti per la costanza, l’impegno e la voglia di imparare.
Dopo poche cadute ma soprattutto dopo aver acquisito maggiore sicurezza e consapevolezza ho iniziato ad indossare un solo pantaloncino protettivo, ho comprato delle nuove protezioni ed ho allungato i tempi di allenamento giungendo a fare due sessioni di giri di pista di 30 minuti l’una con una pausa intermedia di circa 10 minuti.
Col passare del tempo ho conosciuto sempre più persone, ricevuto consigli e supporto.
“Dovresti pattinare lungo la linea esterna della pista…”
“Quando piove puoi allenare i muscoli delle gambe in hotel facendo i seguenti esercizi…”
“Se sei caduto in quel modo è perché hai assunto una posizione sbagliata, devi avere un altro tipo di postura…”
“I pattini devono essere allineati in questo modo…”
“Non sei ancora pratico quindi oscilla di meno altrimenti è più facile cadere…”
Sempre con assoluta discrezione e gentilezza e con la sincera disponibilità ad insegnare qualcosa a qualcuno che è appena agli inizi.
“Dai Mimmo, se continui così fra un paio di mesi saprai pattinare bene” – mi dice un giorno Zui offrendomi una sigaretta.
Comprendo che il suo è un lavoro psicologico per spingermi a migliorare e a non mollare.
Il primo giorno mi disse che avrei imparato in una settimana mentre ora che sono più capace accenna ad un paio di mesi.
Lo guardo, annuisco, sorrido ma ormai non fumo da oltre venti anni.
Sono tutte persone di varia estrazione sociale e di varie età che non si frequentano al di fuori della pista di pattinaggio ma che quando si ritrovano lì, in quel posto accomunati dalla passione, sono degli amiconi: ridono, scherzano, parlano del più e del meno, si scambiano consigli e così via.
Il più anziano ha 74 anni, statura media e fisico asciutto; pattina tutti i giorni per almeno un’ora e generalmente è lui a guidare la fila ed a determinare la velocità di corsa.
C’è “l’insegnante”, lo chiamo così per la sua tendenza a parlare con un tono della voce alto, un po’ come se stesse in un aula ad erudire gli studenti.
E’, ai miei occhi, uno dei più bravi.
Ogni tanto si sgancia dalla fila e comincia a girare a velocità elevata, poi ritorna in coda per poi ripartire nuovamente alla carica.
Loquace, sempre sorridente ed incline allo scherzo.
Jun Feng, dirigente medico presso il centro prelievi del vicino ospedale, è un giovanotto poco più che quarantenne.
Dell’Italia gli piace la cucina, il caffè, il calcio ed il pattinaggio ovviamente.
Mi dice che in quanto italiano sono in grado di pattinare per il semplice fatto che gli italiani sono tra i migliori al mondo ed è quindi nel mio DNA il saper pattinare.
Appena possibile si reca in pista: al mattino per chiacchierare con gli altri pattinatori ed il tardo pomeriggio invece per allenarsi sul serio.
E’ uno di quelli con cui ho legato di più anche perché spesso ci siamo incontrati nel pomeriggio ed abbiamo avuto modo di parlare più a lungo.
Insieme abbiamo visitato le due piste coperte di pattinaggio su ghiaccio mentre erano in corso gli allenamenti di alcuni atleti nazionali.
Zhao Wei, sceneggiatore cinematografico e televisivo, è un tipo gentile e desideroso di conoscere.
In genere arriva sul tardi, quando gli altri sono andati via, ed ha uno stile di pattinaggio abbastanza rilassato.
Wang Nan è un fotografo, disegnatore, pittore, un artista insomma, e conosce molto bene la mia città di residenza (la figlia abita nel mio stesso quartiere) perciò è prodigo di consigli sul come e dove andare a pattinare una volta rientrato a casa.
E’ in genere uno dei primi ad arrivare e anche ad andare via, ci fermiamo spesso a parlare di questioni tecniche per poi sconfinare, non si sa come, nel disegno e nella fotografia (che sono anche due mie passioni).
Zui è una persona gioviale, vivace, disponibile al confronto e costruttiva.
Ha gli occhi che esprimono curiosità ed un sorriso a metà tra il “mi sto divertendo” ed il “ti sto prendendo in giro”.
Si sposta spesso da un gruppetto all’altro, fumando e disquisendo di tecniche di pattinaggio e altro.
Uno dei primi giorni, quando ha saputo che ero in Cina non per lavoro ma perché avevo sposato una donna cinese, mi chiese:
“E la moglie cinese com’è? Brava vero?”
“Quando non si arrabbia…” – risposi sorridendo e ricevendo a mia volta un sorriso divertito di assenso.
Fu Lan, si fa chiamare con il suo nome d’arte, è un poeta, scrittore, esperto di calligrafia cinese ed uno sportivo a tutto tondo.
Arriva con la sua bici sportiva in tenuta da ciclista poi indossa i pattini ed inizia a percorrere la pista a velocità elevatissima volteggiando con eleganza un po’ di qua e un po’ di là.
Il pomeriggio invece si reca a pattinare lungo il fiume mentre d’inverno pattina sul lago ghiacciato (a Changchun le temperature invernali sono molto rigide e arrivano tranquillamente a più di 25° sotto 0).
Talvolta usa ancora un paio di scarpini per pattini realizzati in Italia ed acquistati circa una ventina di anni prima.
E’ uno di quelli con cui facilmente si affrontano anche argomenti meno frivoli che rappresentano per me una vera e propria sfida linguistica.
Poi ci sono tanti altri appassionati, un po’ meno assidui, con i quali in un modo o nell’altro ho scambiato due parole e quattro risate.
Soltanto uno, un frequentatore abituale, non mi ha mai salutato, mai parlato, mai sorriso.
Quando all’arrivo in pista salutavo i presenti è sempre stato l’unico che non ha mai risposto.
Mi vien da pensare che forse sia allergico agli italiani, chi lo sa!
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Nella seconda metà di agosto 2024 il mio soggiorno a Changchun è ormai agli sgoccioli ed è un vero peccato perché ancora un paio di mesi e probabilmente i miei progressi sulle 4 ruote in linea sarebbero stati molto più significativi.
Ma va bene così!
Inizia un lungo arrivederci con tutti coloro che mi hanno accompagnato in questi primi passi nel mondo del pattinaggio e che hanno notevolmente contribuito ad accrescere il desiderio di continuare ad imparare e migliorare.
Uno degli ultimi giorni, forse il penultimo, mentre avevo appena iniziato la mia sessione di allenamento quotidiano, vedo arrivare Fu Lan che mi chiama e mi chiede di aiutarlo.
Dice che avrebbe potuto fare tutto a casa ma che, per aiutarmi ad addentrarmi ed a meglio comprendere la cultura cinese, preferisce svolgere tutto in mia presenza.
Tira fuori dallo zainetto un papiro di carta che srotola su di una panchina, un pennello, un bastoncino di inchiostro, un calamaio e dei sigilli.
C’è vento, allora lo aiuto a tenere fermo il papiro mentre lui prepara l’inchiostro.
In men che non si dica si forma un capannello di persone.
Fu Lan inizia a scrivere sul papiro dall’alto verso il basso a partire da destra.
E’ concentrato ed i movimenti della mano sono decisi, fluidi, veloci.
Tutto intorno è silenzio ma ogni tanto si ode un commento di ammirazione ed approvazione.
In Cina la calligrafia è un’arte millenaria tenuta in grande considerazione e non è soltanto un mezzo utilizzato per scrivere e comunicare qualcosa ma ha un suo intrinseco valore estetico e culturale.
Resto anch’io muto ad osservare con estrema attenzione ma dopo un poco vorrei capirne di più.
Mi viene spiegato che sta “raccontando” la nostra storia su quella pista di pattinaggio, dell’incontro tra i pattinatori locali ed uno straniero, dell’amicizia che su quel caldo asfalto si è intrecciata tra persone di così distante cultura.
Dopo aver finito di scrivere Fu Lan pone tre sigilli rossi sul papiro e me lo dona.
“Adesso tira fuori i soldi” – mi dice Zui ridendo e provocando ilarità generale.
Sta ovviamente scherzando perché si tratta di un regalo.
Fu Lan quel giorno è venuto solo per quello!
Sono senza parole e sono commosso, davvero commosso, e non so come ringraziarlo.
Percepisco intorno a me l’affetto di tante persone che fino ad un paio di mesi prima erano sostanzialmente dei perfetti sconosciuti e dei quali, nonostante tutto, ancora oggi so ancora poco.
Faccio delle foto per immortalare il momento, ringrazio ancora e ripongo con cura il papiro nella mia borsa.
Fu Lan mi spiega che all’indomani non ci sarà, mi saluta e mi dà appuntamento al prossimo anno.
L’ultimo giorno non riesco ad allenarmi perché ho dolore al piede forse per colpa di una deformazione dello scarpino o forse perché nei giorni precedenti mi sono stancato troppo.
Resto lì a bordo pista a vedere i miei amici pattinare e quando hanno finito ci fermiamo a chiacchierare per un po’, quindi stringo la mano a tutti ed ho un’ultima domanda per Zui.
“Se decidessi di comprare dei pattini da corsa come i vostri a cosa devo prestare attenzione?”
Mi guarda perplesso e, dopo averci pensato per un po’, risponde:
“Credo convenga aspettare un paio di anni e quando sarai migliorato ne riparliamo, d’accordo?”
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