8 gennaio 2025

Mangiare stanca

Questa sera faremo l’ultima cena in un ristorante cinese prima della mia partenza. Poi si mangerà a casa.


Inizia così il conto alla rovescia prima del mio ritorno in Italia.
Mancano un tram, tre bus, un aereo, due giorni, tante cose da dire e tantissime da lasciare in sospeso, un paio di abbracci, un paio di bottiglie di vino, una quindicina di chilometri a piedi, qualche spostamento in pullman per i quartieri di Zhuhai, 5 fermenti lattici, un gelato al sesamo ed eventuali sorprese.

A cena, per la prima volta, riesco a mangiare un tofu che mi piace.
Nella mia speciale classifica di chi sale e chi scende, il tofu, ne esce a pezzi.
La volta scorsa ero tornato in Italia con due certezze: il tofu (in particolare quello affumicato ma non solo) e le melanzane (ciueze o qualcosa del genere). E, nel complesso, la convinzione che la cucina cinese, in Cina, mi piace.
Queste volta confermo il giudizio complessivo sulla cucina cinese ma con alcune variazioni.

Chi sale e chi scende:

Retrocessi:
– tofu.
Conferme positive:
– melanzane;
– risi vari;
– spaghetti vari.

Promossi:
– funghi, tranne uno;
– dolcetti con i petali di rosa;
– dolci con le arachidi;
– tè;
– infusi con i fiori.

Vincitore assoluto:
– pai luo pa (rapa in agrodolce).

Bocciati:
– dolci in genere;
– un tipo di fungo in particolare;
– un frutto secco in particolare;
– uova sode in salsa di soia;
– insalate cotte.

Non pervenuti:
– patate;
– pane e derivati.

La sorpresa:
– bambù.

Una considerazione.
La Cina è una mangiatoia, è un gran ristorante, anzi una tavola calda, un libro di storia servito a tavola, una biblioteca, un museo di scienze naturali a cielo aperto, per terra, tra le bancarelle dei mercati e le pietanze soprattutto degli ambulanti, quelle che non ho avuto il coraggio di provare.
Magari la prossima volta.

Per fare una valutazione della biodiversità del territorio della Repubblica Popolare Cinese basta andare al mercato. Ma devi essere esperto.
Per quanto riguarda gli animali trovi tutte le parti di qualunque essere che respira ma io non ho le competenze adatte a risalire ai legittimi proprietari dei frammenti in vendita. La prossima volta tornerò con un esperto anatomopatologo per approfondire questo aspetto.

Per quanto riguarda i funghi la cucina cinese surclassa quella italiana.

Nei mercati italiani si vendono solo tre tipi di funghi:
– Prataiolo;
– Plerotus Ostreatus;
– Pioppino.

La Cina invece è il paradiso del micologo. Ci sono funghi di tutti i tipi, di tutte le forme, di tutti i colori. A Lijiang abbiamo mangiato un fungo sottile, come un filo d’erba, di colore arancione. Dico che era un fungo perché ce lo ha detto Yanzi. E non credo di aver capito male, le ho chiesto conferma più volte.
Al mercato vedi bancarelle che vendono solo funghi, decine di tipi differenti. Ci sono ristoranti che cucinano solo funghi. Yanzi e Mimmo assicurano che sono tutti funghi coltivati. La zuppa di funghi non l’abbiamo assaggiata ma pare che sia un piatto prelibato. Ma i funghi li vendono anche essiccati, sfusi, in sacchetti di plastica confezionati con funghi misti oppure dello stesso tipo.
La maggior parte dei funghi in vendita non diresti che sono funghi, non hanno la forma del fungo. Spesso sembrano interiora di qualche animale e sono inquietanti, a volte appaiono come fili d’erba o comunque vegetali di qualche tipo.

Per quanto riguarda frutta e verdura abbiamo visto tutto ciò che conosciamo e che sulle nostre tavole magari compare solo in certi periodi.
La frutta in realtà meriterebbe un capitolo a parte. Siamo tra i tropici e qui crescono frutti che non ho mai visto. In più ci siamo spinti fino ai confini con il Tibet dove la combinazione di quota e posizione geografica amplifica ancora di più, se possibile, la diversità.

Ho visto così tanti prodotti agricoli ed una varietà tale di varianti dello stesso prodotto che faccio prima ad elencare ciò che non ho visto.
Quando parlo di varianti mi riferisco ai frutti che conosco di più perché più comuni alle nostre latitudini come mele, banane, agrumi. La varietà di questi frutti in termini di forma, dimensioni e colori è impressionante.

Quello che non ho visto:
– carciofi;
– fiori zucchina (esistono le zucchine e quindi anche i fiori ma probabilmente li considerano più adatti come ornamento);
– capperi;
– olive (ma Mimmo le ha comprate online e le ha in frigo);
– cime di rapa (ma ci sono tante varietà simili);
– cavolo nero;
– lampascioni.

Ci sono cetrioli grandi quanto le zucche grandi, ravanelli come meloni, agrumi enormi.

Mi viene in mente la barzelletta dell’americano che va in vacanza in Salento e non riconosce i nostri prodotti agricoli perché frutta e verdura, in America, sono “moooolto” più grandi che da noi. La storia finisce davanti a delle angurie che, di nuovo, l’americano non riconosce e chiede cosa siano. A quel punto il suo accompagnatore salentino si prende la sua rivincita e risponde: “Quistiii? Pisieddhri!” (Questi? Piselli).

Un capitolo a parte lo merita anche il tofu, quello che dieci anni fa avevo apprezzato tantissimo e quest’anno non sono riuscito mai a mangiare se non oggi, a cena, all’ultima occasione utile, il penultimo piatto che è arrivato sulla tavola.

A questo proposito devo dire che i cinesi sono dei geni. Il tofu si ottiene dalla cagliatura del latte di soia ma esistono tofu di riso e di altre origini, da quello che ho capito.
Perché sono dei geni? Perché al posto di buttare l’acqua dei legumi si sono inventati un alimento conosciuto in tutto il mondo con il quale fanno praticamente di tutto.
Certo devi proprio impegnarti per fartelo piacere ma la loro fede verso questo alimento è sincera.

Se l’avessimo fatto anche noi, in Salento, immagino quanto saremmo golosi di “Tofu ti fae cu lli fogghie”.

Hai voglia a dire che è come il formaggio perché deriva dalla cagliatura del latte di soia ma, intanto, l’acqua di cottura delle fave per noi non è latte ma acqua di cottura delle fave e poi, fosse anche vero che lo fanno dal latte, il risultato è un formaggio che non si scioglie sulla pizza, non si grattugia e non sa di formaggio.

L’unica caratteristica in comune con il formaggio è che certi tofu puzzano come e più di certi formaggi puzzolenti.

Anche quest’anno non ho avuto il piacere di assaggiare il “chou tofu”, il tofu puzzolente, che appesta le strade della Cina e che pare sia tanto buono quanto nauseabondo.

Come dice Stefano, in una delle sue canzoni, col tofu fanno tutto, e lui non è dovuto venire fin qui per verificarlo.
Ho assaggiato un dolce, brodoso, al tofu, il tofu fritto, quello lesso nella zuppa, il tofu alla piastra, quello affumicato e numerose altre varianti.
Al mercato tutto ciò che non riconosci come cibo di origine vegetale o animale alla fine scopri che è tofu.
Tutti gli oggetti, di vari colori e forme, in genere dall’aspetto gelatinoso e che, se provo ad immaginare che possano animarsi e iniziare a muoversi, sono sicuro che lo farebbero oscillando minacciosi, sono tofu.

Quando ero piccolo avevo un incubo ricorrente. Ricordo che mi svegliavo terrorizzato e sudato e i miei genitori, a turno, venivano a tranquillizzarmi. Ricordo che mi chiedevano cosa avessi sognato ma io non riuscivo a tradurre in parole quello che il mio inconscio portava a galla così spesso.
Loro stavano un po’ con me e poi tornavano a dormire dispiaciuti di non essere riusciti a darmi, più di tanto, sollievo, dato che non sapevano come aiutarmi.
Quell’incubo è tornato a farmi visita negli anni successivi, anche da adulto e mi sono chiesto spesso come fare a spiegare che cosa ancora mi terrorizza certe notti. Mi mancavano le parole. Ho studiato, ho letto, ho pensato in tutti questi anni ma non ero mai riuscito a trovare la risposta giusta fino ad ora.

Adesso…
finalmente…
ho capito…
che cos’è che ha animato i miei incubi per oltre 50 anni.

Ho capito cosa sognavo:

sognavo TOFU!

Probabilmente siamo tutti testimoni di un momento fondamentale della mia evoluzione personale, il momento in cui un individuo si libera dai fantasmi del passato ed evolve verso nuovi orizzonti.

Mi aspetto grandi cose da me da questo momento in poi.

In Cina si mangia tutto contemporaneamente.
Se vai al ristorante e ordini 12 piatti diversi te li portano man mano che li cucinano e, in pochi minuti, ti ritrovi tutto sul tavolo.
In genere i piatti vengono mangiati da tutti, non sono personali.
Si mangia con le bacchette, prendendo il cibo dai piatti comuni e portandolo alla propria scodella e, a volte, portandolo alla bocca direttamente.
Si mangia tutto contemporaneamente: dolce (sempre rigorosamente poco dolce naturalmente) e salato, carne e pesce e verdure, pasta e riso, arrosti e zuppe, piccante e non…

Il cibo è importante, gli incontri finiscono spesso a tavola e, in questo, siamo molto simili.

Le parole che ho più imparato in cinese hanno a che fare con il cibo e la ricerca del cibo, nei mercati o nei ristoranti, è stata una delle attività più importanti anche di questa vacanza.
Nei ristoranti cinesi non trovi il vino ma, se chiedi, ti permettono di portartelo da casa.

Questa sera mangiamo nel quartiere Tangjia, in un ristorante tipico del nord della Cina. La cucina è estremamente piccante ma noi chiediamo che i piatti siano tutti senza peperoncino. La cameriera stenta a crederci ma poi ci accontenta.
Mangiamo bene ma si capisce che il peperoncino avrebbe potuto dare un sapore diverso alle pietanze.
Mangio per la prima volta il bambù e, finalmente, un buon tofu.

Abbiamo mangiato in 12 ristoranti diversi ma il posto in cui ho mangiato meglio, a parte il ristorante nel centro culturale della old town di Lijiang, mi sa ché e stato a casa.
La cucina mista italo-cinese di Mimmo e Yanzi vince.

Chiudo con la ricetta del “Pai luo pa”: rapa bianca in agrodolce.

Ingredienti: rapa bianca, aceto, zucchero, aglio, zenzero, vino, salsa di soia, peperoncino, pepe di Sichuan o pepe generico.
Pelare, lavare ed asciugare la rapa;
Tagliarla in pezzi non troppo sottili, di dimensioni simili;
Metterla in un contenitore sotto sale, con un peso, ed aspettare 40 minuti in modo che perda l’acqua;
Separare la massa dall’acqua;
Strizzarla in modo che perda l’acqua (molto importante altrimenti non è croccante) e metterla in un contenitore di vetro in modo da non riempirne più dell’80% del volume.
Aggiungere:
Zucchero;
Aceto;
Aglio a fettine;
Zenzero a fettine;
Peperoncino;
Pepe di Sichuan in grani oppure pepe nero in grani;
Salsa di Soia se si vuole;
Vino per dare un po’ di colore se si vuole oppure aceto di vino rosso.

Coprire e tenere in frigo per almeno una settimana.

Torniamo a casa molto provati, mangiare stanca, e rifletto sul mio futuro.
Ho deciso: aprirò un ristorante cinese.